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30 Gennaio 2012
SI PUOTREBBE FARE UN MUSEO SUL GAMBA DE LEGN
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ALLA VECCHIA STAZIONE DEL GAMBA DE LEGN SI PUOTREBBE ALLESTIRE UN PICCOLO MUSEO SULLA STORIA DEL GAMBA DE LEGN FACENDO SAPERE AI PIU' PICCOLI LA STORIA DEL TRENO E IN PIU' LA STORIA DI BINASCO CON LE FOTO DI 40 O 50 ANNI FA.
TRENO
30 Gennaio 2012
Árpád Weisz-finalmente l'INTER si ricorda
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Nel Giorno della Memoria, l’Inter ha reso finalmente omaggio, con una targa posata nello stadio di San Siro, a un uomo che fu suo allenatore prima di essere deportato e morire a Auschwitz. Un gesto per non dimenticare l’orrore del nazifascismo e la pavidità di chi non si oppose
Milano 29-01-2012
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Così scrissi:

Dalla Provincia Pavese del 31-01-2011
Anche questa, a suo modo, è una storia di Shoah. Árpád Weisz era ebreo, di mestiere faceva il giocatore prima e il mister-talentscout poi, ma soprattutto è morto ad Auschwitz nel 1944. Mentre l’Italia firmava le leggi contro gli ebrei era all’apice della sua carriera fra stadi e panchine. Era il 1938 e, mentre il fascismo varava le sue direttive razziali, lui faceva esultare spalti e tifosi. Ha visto morire la moglie e i due figli sotto le torture e le vessazioni naziste, si è spento in uno dei campi di sterminio tristemente più noti. Weisz, ungherese di nascita e un po’ italiano d’azione, è stato un pezzo di storia del nostro pallone. Ha giocato nell’Inter, nel Padova, nella nazionale ungherese. Poi si è messo a scoprire talenti del calibro di Giuseppe Meazza. Di scudetti ne ha vinti tre: uno con l’Inter nel 1929-30, due con il Bologna nel 1935-36 e 1936-37. Di lui si dimenticarono in fretta: era ebreo, doveva andarsene. Da tempo nessuno è stato mai capace di ricordarlo: non l’Inter, non il Bologna, non il calcio italiano, non c’è stato nemmeno un minuto di silenzio in sua memoria. Ricordiamolo almeno oggi: in silenzio e con commozione assieme alla sua famiglia.
- Giuseppe Casarini Binasco
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Finalmente ( vedi sotra) come riporta un Sito internet l’INTER finalmente il 29-01-2012 Gli ha reso il giusto e doveroso omaggio



giuseppe casarini
30 Gennaio 2012
- The wind of democracy - (democrazia in stand by)
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Ho letto nei giorni scorsi, con un pizzico di amarezza, le critiche ingiuste che molti avventori anonimi del forum rivolgono costantemente a Pino Vella.
L’accusa più fuorviante è che non vi sia stata democrazia nella scelta di aderire alla coalizione e tanto meno nella scelta del candidato sindaco Celestino, oltre quella di aver svenduto il partito a dei “compagni di merende” e “perfetti sconosciuti”. Toni violenti, come si può comprendere, perlopiù urlati nella forma più bieca e contorta che ci possa essere: l’anonimato!
Soprassediamo e passiamo al concreto.
La decisione “anti-democratica” di cui sopra ,è arrivata dopo una serie d’incontri tra il P.D. e i partiti interessati alla coalizione, e a questi incontri non erano mai presenti ,tranne uno (il candidato sindaco piddì che proponeva Vella), gli iscritti più critici rispetto a questa scelta!! Alla luce di ciò appare veramente ingrata,ripeto,l’accusa rivolta a Pino Vella!!
Quest’ultimo non avrebbe mai preso una decisione del genere senza il nulla osta da parte dei vertici provinciali del partito. A tal punto che lo stesso è stato autorizzato a sottoscrivere il documento di ratifica su cui sono state apposte le firme di tutte le parti interessate.
La questione sollevata da alcuni iscritti vorrei descriverla con una metafora che rende perfettamente l’idea : essi hanno deciso di lasciare la ” moglie”, quando però poi la moglie decide di rifarsi una vita per legarsi ad altro compagno ricompaiono, ma non per rimettersi insieme, bensì per impedire alla compagna di rifarsi una vita!
Hai capito gli amici….loro escono di casa sbattendo la porta, vanno fuori a rifarsi un nuovo progetto di vita più conveniente, e la moglie deve sparire dal paese!!
Se l’idea non è chiara aggiungo: è più democratico Vella che accetta serenamente, senza fare polemiche e lanciare accuse, le decisioni legittime dei suoi ex compagni di fare nuove esperienze o questi che gli vogliono impedire un percorso democratico e civile condiviso?
Alla luce di tutto ciò assume il giusto significato la mia frase tanto criticata “….vella è il piddì a Binasco” ; decontestualizzarla ……è da anonimi!!
Torniamo però ai dissidenti. Hanno richiesto, legittimamente, ai loro vertici provinciali, di rivedere l’accordo già condiviso e sottoscritto, per andare ad una conta, mantenendo di fatto il più grande partito di Binasco e i suoi alleati in assoluto stand by: si dovrà decidere a maggioranza se mantenere accesa la fiammella del Piddì, che tanto pervicacemente Vella si ostina ad alimentare, oppure spegnerla con un leggero, rapido ma delicato…… “soffio di vento democratico”.
Saluti.
Gennaro Testa
29 Gennaio 2012
oggi è il 29 gennaio...finalmente!
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Interessante il racconto del sig. Casarini: tenterò di approfondire. Agli altri, tutti gli altri, buonanotte: la memoria che abbiamo, non si sopirà né con voi, né con me.
cristina paola mirian rachel
29 Gennaio 2012
A PROPOSITO
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A proposito: il parroco di Besana Brianza aveva raccontato ai fedeli che sarebbe andato in ritiro spirituale per una settimana e invece sapete dov’era? In crociera sulla Concordia.
L’intercalare preferito di Fra' Salimbene de Adam da Parma (Parma, 9 ottobre 1221 – Montefalcone, 1288), un religioso e storico italiano, frate minore, seguace di Gioacchino da Fiore e autore della Cronica quando riferisce qualche accusa a carico di un politico o d’un prelato, è Ipse viderit!, «Se la vedrà lui!». Siccome ognuno è personalmente responsabile, non c’è posto per ipocrisie, perbenismi, political correctness: nel mondo di Salimbene, come in quello di Dante, si dice pane al pane, vino al vino, e merda alla merda, e non si rispetta nessuno che non se lo sia meritato, nemmeno se è il Papa.
A proposito: il parroco di Besana Brianza cosa ne fara' dei 14.000 euri di rimborso della C.Concordia ?
VALERIO PONCINA
29 Gennaio 2012
Una Famiglia di Ebrei e un medico Binaschino
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Come per gli anni passati suggerisco in occasione della Giornta della Memoria la lettura del libro scritto dal compianto Ing. Guido Weiller:

La Bufera
Sottotitolo: Una famiglia di ebrei milanesi con i partigiani dell'Ossola
Autore: Guido Weiller
Anno di edizione: 2002
Pagine: 221
Illustrato: no
Legatura: brossura
ISBN: 88-8057-153-2
Disponibile: si
Prezzo: 12 € 5 €
Aggiungi al carrelloAugusto Weiller, avvocato milanese, sfollato con la moglie Maria Coen, la figlia Silvana e il figlio Guido nella vicina Binasco, all'indomani dell'8 settembre del '43 ascolta alla radio un discorso di Hitler, e capisce subito quanto sia pericolosa la situazione per gli ebrei. "Bisogna andar via" decide, e in poche ore la famiglia parte, fa perdere le sue tracce. Dopo un paio di settimane si ritrova a Quarna, sopra Domodossola, senza carte annonarie, senza falsi documenti, senza alcun contatto con organizzazioni o singole persone di fiducia cui appoggiarsi. Guido prende contatto con il comandante dei partigiani della zona, il capitano Beltrami: "Siete sotto la mia protezione, salite in formazione con me". E così la famiglia si unisce con diverse mansioni alla "Squadra d'assalto patrioti Vallestrona". Guido, che da poco ha compiuto diciotto anni, prende parte a missioni d'attacco, funge da furiere e riesce a sistemare armi, esplosivi e la radio collegata con gli Alleati. Dopo qualche tempo una massiccia formazione tedesca, oltre duemila uomini, spazza l'intera zona: giorni e notti di marcia, attraversamenti di torrenti gelati, soste di ore e ore nella neve, colpi di moschetto e di mitragliatrice, bombe a mano, colpi di mortaio. Guido si separa dal resto della famiglia, la storia si scinde. Dopo altre marce forzate e interminabili percorsi nella neve, tutti e quattro riescono fortunosamente a varcare la frontiera elvetica: stremati ma vivi, scampati alla "bufera.

Gli Storici locali facciano luce sul nome di chi una volta ancora, come nel passato ai tempi del Ducato di Milano, resero Binasco "Terra ospitale" per gli Ebrei ed in particolare del Medico che a rischio della propria vita aiutò questa Famiglia a raggiungere la salvezza. L'Ing. Weiller non ne menziona il nome dice solo che fu poi ucciso. Da chi? Il Comune si faccia pure parte attiva e gli renda il giusto tributo.

giuseppe casarini
giuseppe casarini
28 Gennaio 2012
oggi è il 28 gennaio...vero..... sospirone di sollievo!
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Tranquilli, ragazzi della Amministrazione, e della cosiddetta società "civile".... anche quest'anno è andata...un a4 in carta patinata a scuola esui tavoli del Comune ( Ecaduto...anche stampare costa, eh), un manifesto "raffazzonato", fra foto reali e scene spilberghiane, sui siti "giusti"...i commenti giusti su facebook.... e via, si pensa ad altro. Sono d'accordo con Yeoshua e con Valerio: essere stati vittime non esclude le personai responsabilità etiche... non esserlo, invece, sì? buona non giornata della memoria.
cristina paola miriam rachel gallione
28 Gennaio 2012
UN MINUTO DEL VOSTRO TEMPO
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Un articolo per un minuto del vostro tempo

LA STAMPA TO - Cultura 27/01/2012 - il giorno della memoria
Ma l'Olocausto non è misura di tutte le cose
Dobbiamo ricordarci che il fatto di essere stati vittime non è sufficiente a conferirci uno status morale
ABRAHAM B. YEHOSHUA
VALERIO PONCINA
27 Gennaio 2012
Studiando le razze ha distrutto il razzismo-Giorgio Israel
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Articolo del Prof. Giorgio Israel meritevole di lettura
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Ripreso da Informazione Corretta
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25.01.2012 Luigi Cavalli-Sforza e il fallimento scientifico del concetto di razza nell’uomo
commento di Giorgio Israel

Testata: Il Giornale
Data: 25 gennaio 2012
Pagina: 28
Autore: Giorgio Israel
Titolo: «Studiando le razze ha distrutto il razzismo»



Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 25/01/2012, a pag. 28, l'articolo di Giorgio Israel dal titolo "Studiando le razze ha distrutto il razzismo".


Giorgio Israel, Luigi Luca Cavalli-Sforza

Chi si è occupato della storia delle teorie razziali e del razzismo prova riconoscenza nei confronti di Luigi Luca Cavalli-Sforza per aver compiuto un’opera meritoria: aver demolito l’idea che il concetto di razza abbia fondamento scientifico. Non è un’operazione di poco conto, solo che si pensi quanto ancora resiste il pregiudizio che le razze esistono, e anche quello che esistano razze superiori e inferiori, che è poi l’ideologia detta «razzismo». Qualche anno fa, in un pubblico dibattito, fui aggredito da alcune persone, che pure si dichiaravano e ritenevano tutt’altro che retrive, per aver detto che il concetto di razza è inconsistente e che le razze non esistono: mi fu di scudo l’opera di Cavalli-Sforza. L’attaccamento ostinato all’idea di razza si constata tutti i giorni, per esempio quando si «spiega» in termini genetici la maggiore attitudine per una certa attività intellettuale o manuale che avrebbe un certo gruppo umano. Intendiamoci. Cavalli-Sforza è un genetista e la sua escursione nella storia dell’umanità segue percorsi genetici. Ciò fa dire ad alcuni che il suo approccio è ispirato da un materialismo che non intralcia la propensione verso quella che è stata chiamata la « gene-for syndrome », ovvero la pretesa di voler spiegare tutto in termini di geni. I suoi studi sulle connessioni tra geni e lingue potrebbero persino essere considerati come la ripresa di un’idea di uno dei fondatori del razzismo biologico moderno, Vacher de Lapouge. C’è chi sostiene una tesi «aperta» al concetto di razza: dice che esso poteva essere scientificamente fondato, se qualcuno fosse riuscito a stabilire questo fondamento, e non esclude che questa dimostrazione possa ancora essere ottenuta. Sono convinto che la storia delle teorie razziali mostri il loro carattere intrinsecamente ideologico, strutturalmente estraneo alla possibilità di qualsiasi definizione avente carattere oggettivo, nel senso in cui si dice che un concetto è «scientifico». Ma proprio per questo - per l’approccio rigorosamente genetico - lo smantellamento del concetto di razza da parte di Cavalli-Sforza non lascia spazio a chi vorrebbe ancora tener aperta la porta a una sua riconsiderazione in termini scientifici. Egli ha dimostrato che tutti gli stereotipi diffusi su cui si basa la classificazione razziale (colore della pelle, colore e aspetto dei capelli e dei tratti facciali) riflettono differenze superficiali costituitesi in tempi recenti e dovute a fattori climatici o forse alla selezione sessuale, ma che non trovano riscontro nei caratteri genetici. Anzi - questa è la conclusione decisiva - vi è una grande eterogeneità genetica tra individui, quale che sia la popolazione di origine. «Questa variazione - afferma Cavalli-Sforza - è sempre grande in qualsiasi gruppo, sia esso quello di un continente, di una regione, una città o un villaggio, ed è più grande di quella che si trova tra continenti, regioni, città o villaggi». In altri termini, vi può essere più distanza genetica tra due abitanti di un paesino italiano che tra uno di essi e un abitante di un lontano villaggio africano. Di qui la conclusione nettissima: «La purezza della razza è inesistente, impossibile e totalmente indesiderabile». Quanto tempo ci vorrà ancora perché entri nel senso comune quello che Cavalli-Sforza ha definito il «fallimento scientifico del concetto di razza nell’uomo»?



giuseppe casarini
27 Gennaio 2012
Zakhor
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Ringrazio il sig. Casarini, che vedo fa le mie stesse letture. Vogliamo aggiungere l'orripilante articolo di Sallusti sul Giornale di oggi? noi abbiamo Schettino e i tedeschi hanno Auschwitz???? per difendere "l'onore italico?" l'onore italico che ha emenato le leggi razziali, che ha partecipato dal 1943 alle deportazioni? l'onore di quegli italiani che, per assicurarsi una casa più confortevole, deninciavano i vicini alla gestapo? ricordiamoci: a fianco dei giusti, e grazie a D-O ce ne sono stati tanti, in ogni popolo, in ogni nazione ci sono gli Schettino e quelli che si girano dall'altra parte o collaborano......il Sallusti..che fa il giornalista, dicono... riporta una serie di dati fuorvianti e inesatti a sostenere l'estraneità dell'Italia.... bene scrive l'Unione Giovani Ebrei d'Italia quando di lui dice: "compie un assurdo oltraggio al ricordo degli ebrei perseguitati, proprio oggi, nella Giornata della Memoria". Ricorderei a Sallusti che anche fra i Tedeschi c'è chi ha pagato di persona per difendere e nascondere Ebrei, e che ha contrastato con la resistenza il nazismo. Meno sciovinismo e meno insulti, grazie.
Visto il tenore, consiglierei all'Amministrazione Comunale di Binasco ( così attenta e preparata) di invitare Sallusti a tenere una conferenza a tema..... sarebbe l'inizio di una grande amicizia.
cristina paola miriam rachel gallione
27 Gennaio 2012
Da Fiamma Nirenstein
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Il Giorno della Memoria. Ecco l’antisemita di oggi.

Il Giornale, 27 gennaio 2012

Odia gli ebrei per motivi ideologico-politici, demonizza Israele e ottiene il plauso del mediocre mondo culturale.

Qualsiasi cosa si scriva e si dica oggi nel Giorno della Memoria, non servirà a porre fine l’antisemitismo. E’ difficile ormai credere nel potere della memoria. Questo giorno varrà come un blando tranquillante; potrà funzionare per blandire per alcuni minuti la coscienza europea che mal sopporta il crimine della Shoah. Avrà un uso nell’unificare momentaneamente politici e intellettuali di varie appartenenze che avranno la sensazione di lavorare per opporsi all’antisemitismo ineluttabile motore di ogni persecuzione. Eppure anche coloro che si riuniranno per ricordare i propri morti nella shoah, e con loro chi li sostiene, sanno ormai che, come dice lo scrittore yidish L. Shapiro, l’antisemitismo è eterno come è eterno Dio. Robert W istrich, il maggiore studioso di antisemitismo afferma che “probabilmente sta peggiorando”: lo dimostrano i dati del mondo intero, su Internet esso è moneta corrente non sanzionata, scorrevole, spumeggiante. Nel mondo arabo è obbligatorio. Elie Wiesel al parlamento italiano mormorò che dopo aver pensato che gli ebrei ne fossero usciti con la seconda guerra mondiale, gli toccava ora di vedere il ritorno persino di un antisemitismo genocida. Risparmio al lettore l’elenco di dati europei molto noti, fra cui quelli della commissione parlamentare sull’antisemitismo che ci dice che circa il 44 per cento degli italiani non ha simpatia per gli ebrei.I numeri sono facilmente reperibili.
Lasciatemi dire, in questo giorno, che è pesante essere oggetto di antisemitismo, chi non ne ha esperienza non lo sa, ti costringe a misurare sul tuo naso, sul tuo corpo, e purtroppo le mie amiche femministe non hanno detto parola, la permanenza e l’ineluttabilità della storia. Una caricatura antisemita che mi rappresenta è stata accusata di essere tale dal bravo giornalista Giuseppe Caldarola, e per questo egli, oggi, così ha stabilito la giudice, dovrà versare a Vauro, il caricaturista, 25mila euro. Per aver detto la verità, basta guardare l’orribile disegnino pubblicato durante la campagna elettorale dal Manifesto, gli viene proibito di dire la sua opinione. Vauro, disegnatore di sinistra, non può quindi essere antisemita, e va addirittura ricompensato. IL fatto che qualcuno abbia giustificato (su Libero) la caricatura e quindi la sentenza contro Caldarola perché io difendo Israele, è un peccato: quando il Parlamento intero ha votato contro la conferenza antisemita di Durban, contro il rapporto Goldstone, il suo onore è stato innalzato. L’antisemita, avrei questa ambizione intellettuale, poiché sopravviverà a lungo, deve avere almeno la forza di riconoscersi tale, deve pagare il fio culturale del suo odio per gli ebrei nella loro espressione più evidente, lo Stato degli Ebrei, Israele. Percepirà finalmente con senso di liberazione l’antipatia di natura ideologica insieme a l’invito tipico all’ebreo a convertirsi, disprezza anche tu Israele, sarai perdonato.

Ci siamo illusi: il sionismo nasce come uno dei tanti movimenti nazionali dell’800 con la speranza della normalizzazione, della fine dell’antisemitismo. Una volta nella loro terra, gli antisemiti non avrebbero avuto più ragione di perseguitare gli ebrei. E’ accaduto il contrario: la Lega Araba, nata con questo scopo, e le Nazioni Unite hanno fatto qualsiasi cosa per nullificare la normalizzazione, rendendo la nazione ebraica una continua anomalia. Qui nasce l’antisemitismo politico ideologico. Esso segue nei secoli a quello religioso e poi a quello scientifico dell’illuminismo, e poi a quello razziale dei nazisti. Ma il minuto dopo la “partizione” dell’ONU i Paesi arabi attaccavano Israele, e l’ ONU nemmeno sospirò per la violazione alla sua stessa risoluzione: gli ebrei erano di nuovo nella posizione di accusati. Il doppio standard è la cartina al tornasole dell’antisemitismo. Vauro mi ha ritratto in forma di orrido mostro giudaico, naso adunco,stella di Da vid,fascio. La causa:la candidatura nelle file del PDL. Non mi risulta che niente del genere sia accaduto a nessun altro candidato. A me, perché sono ebrea. Nel 1982 al tempo di Sabra e Chatila, quando 800 palestinesi furono sciaguratamente uccisi dai cristiani maroniti nella zona si trovava l’IDF che non li difese. Israele fu accusata dell’eccidio con toni definitivi. Nello stesso anno Hafez Assad di Siria non subì nessuna critica per avere ucciso a Hama decine di migliaia di suoi compatrioti. Il doppio standard e la demonizzazione sono due metri indispensabili per capire l’antisemitismo, e Giuseppe Caldarola, avendolo denunciato è stato condannato a pagare a Vauro, autore della caricatura un indennizzo di 25mila euro. Leggere fra i commenti al suo blog permetterà al lettore di informarsi dettagliatamente sulla forma del mio naso (è veramente adunco, che male c’è a dirlo? e la Stella di David cucita sul vestito alla maniera nazista, è quella di Israele, non quella ebr aica. E poi gli ebrei, non pagano le tasse, e poi io in lista con la Mussolini, non mi merito di essere chiamata fascista?).

Il cristianesimo che si ritenne Verus Israel consentiva la conversione, l’illuminismo promette tutto al cittadino e niente al popolo ebraico, i fascisti, i nazisti ti uccidevano in ogni caso, il comunismo ti perseguitava per il tuo cosmopolitismo. E anche chi ti nascondeva. Oggi, se dici la verità su Israele, se lo ami, hai il naso adunco e la stella di David cucita sul petto.

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L’Associazione Parlamentare di Amicizia Italia – Israele

Articolo della Signora Fiamma Nirenstein





giuseppe casarini
27 Gennaio 2012
Giorno della Memoria-Informazione Corretta
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Il concetto di Zakhòr nella lingua ebraica
Di tutte le facoltà che l’uomo possiede, sicuramente la memoria è la più fragile, incerta, ingannevole. D’altra parte, l’essere umano si costruisce sulla memoria, senza la quale, come nel caso dei malati di Alzheimer, è come un albero senza radici. Proprio per questa sua labilità, la tradizione ebraica impone l’obbligo del ricordo, indicato con il termine Zakhòr. Questa parola ricorre per lo meno 169 volte nel testo biblico, in tutte le sue declinazioni e anche nel suo opposto, l’oblio. Ricordare e non dimenticare, di fatto, diventano sinonimi. La parola Zakhòr, “ricorda!”, è un imperativo di seconda persona singolare, che rimanda alla radice ZaKHaR (apparentata secondo i linguisti moderni a DaKHaR, “penetrare”, “pungere”, “infiggere”), che significa “maschio”, opposto a NeKeVà, cioè “foro”, “femmina”. ZaKHaR è quindi una cosa piantata nel cuore, che rimanda a SaKHaR, “chiusura”, simile al concetto di qualcosa che è custodito nel cuore, come se fosse una scatola ( La scrittura consonantica). «Tre volte all’anno ogni tuo maschio si presenterà davanti al Signore tuo Dio nel luogo che avrà scelto … e non si presenterà a mani vuote» (Deuteronomio, 16, 16). Commentando questo passo, che prescrive l’obbligo di tre pellegrinaggi all’anno al Santuario di Gerusalemme per portare offerte al Signore, alcuni Maestri invece di leggere “maschio” leggono “colui che ricorda” ( Bibbia, Torà, Talmùd). Significa che solo colui che risponde all’imperativo della memoria può accedere al sacro, avvicinarsi al Signore. Il rituale (pellegrinaggio e offerta al Santuario) ha significato solo se si combina con una visione etica della vita, fondata sul ricordo, che deve profondamente penetrare nella coscienza. Presentarsi davanti al Signore altro non è che guardare in sé, profondamente e sinceramente. E la memoria è la porta che consente questa presa di coscienza. Lo Zakhòr ebraico è un concetto religioso e riguarda quindi non solo l’uomo, ma anche Dio: è un imperativo che li lega in maniera indissolubile.E su questo imperativo si fonda la sopravvivenza del popolo ebraico e della sua identità, nonostante gli esili, le persecuzioni, i tentativi di sterminio, l’assimilazione. Di fatto per la tradizione ebraica la storia coincide con la memoria e, come si vedrà più avanti, è legata alla rivelazione divina, non sentita come fattore “mitico”, ma come presenza effettiva nella vicenda umana. La storiografia, come strumento principale di registrazione degli avvenimenti, qui non c’entra. Il senso della storia e il suo rapp orto con la memoria In genere, quando parliamo di storia pensiamo alla storiografia, intesa come scienza che, attraverso la ricerca di documenti, testimonianze, si prefigge di ricostruire il passato di una certa civiltà. E quanto più questa è lontana dal presente, tanto più si ricorre all’apporto di altre scienze, quali l’archeologia, la paleontologia, la geologia, l’etnologia ecc. Al contrario, ai primordi della civiltà, il tempo mitico è sentito più del tempo storico, che acquista significato solo se si trasforma in mito. Nelle civiltà dell’Estremo Oriente, tempo e storia sono considerati illusori e la conoscenza autentica, da cui scaturisce la salvezza, avviene proprio in virtù di questa consapevolezza. Per il mondo greco la storia è ricerca, conoscenza, ma non le è mai stato attribuito un significato universale, una visione globale, una benché minima trascendenza. Per lo stesso Erodoto, considerato il primo storico, fare storia significa innanzitutto salvare la memoria dall’inesorabile erosione del tempo, cercare nel passato esempi edificanti e lezioni morali, ridare gloria a quanti con le loro azioni se la sono meritati. Il senso della storia è un’invenzione tutta ebraica. Per la prima volta si concepisce che nella storia avviene l’incontro tra umano e divino che mette fine al concetto deterministico della natura e dell’universo, dando vita alla dialettica tra le sfide lanciate dal divino e i tentativi di risposta dell’uomo. Il senso della storia nell’ebraismo sta proprio in questa interpretazione rivoluzionaria del divino. La storia si definisce nella dialettica permanente tra la volontà divina di un creatore onnipotente e il libero arbitrio dell’uomo, tra l’obbedienza e la rivolta. Il tempo mitico dell’Eden finisce con il “peccato” di Adamo ed Eva che scelgono di entrare nella storia, portando con sé però anche Dio. Da quel momento, il passato non è più collocato in un tempo mitico, ma si innesta in quello storico. Così Mosè può annunciare al popolo l’imminente liberazione dalla schiavitù dall’Egitto, non in nome del Dio creatore del cielo e della terra, ma in nome del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, uomini in carne e ossa, che la Bibbia colloca in contesti geografici precisi, di cui definisce con precisione la genealogia. E ancora, il primo comandamento, nel suo riferimento al Dio unico, lo indica come «Colui che ti ha fatto uscire dall’Egitto». Quindi Israele comprende chi è Dio da quello che ha fatto nella storia.
Funzione dello Zakhòr
Nel libro di Giosuè3 si parla dell’ingiunzione rivolta ai capi tribù di porre delle pietre per ricordare il passaggio del fiume Giordano all’entrata nella Terra Promessa. Ma poiché la memoria ebraica si esprime nel tempo piuttosto che nello spazio, queste pietre hanno lo scopo di sollecitare le domande dei figli ai padri e di sollecitare questi a trasmettere loro il ricordo di quell’evento, attraverso il racconto. E, dato che la storia non si ripete, le sue varie fasi non potranno essere rivissute se non attraverso il racconto di generazione in generazione, al punto che ognuno dovrà sentirsi come se vi avesse partecipato. Solo da questa continua trasmissione può nascere una memoria vitale, condivisa, una memoria vissuta sempre come presente. Il racc onto dell’uscita dall’Egitto La cena pasquale (Pésach è il nome ebraico della festa pasquale, la sua radice PaSaCH significa “saltare”) segue un rituale ben preciso chiamato Séder (ordine), durante il quale si legge un libro, la Haggadà, che non a caso si traduce con “racconto”, in cui si ripercorre la “storia” del popolo ebraico dal momento in cui Abramo abbandona la sua terra natale in Mesopotamia per andare «verso la terra che ti mostrerò» (Genesi, 12, 1). Durante la cena pasquale che ricorda l’uscita dall’Egitto del popolo ebraico, si recita sempre questo passo: «In ogni generazione ognuno deve considerare come se fosse lui stesso uscito dall’Egitto», a significare che ognuno deve rivivere in prima persona quell’evento, riaffermando così il legame tra l’individuale e il collettivo. È interessante notare che la Haggadà sceglie per raccontare la storia del popolo ebraico, da Abramo all’uscita dall’Egitto, un passo del Deuteronomio (26, 6-10) in cui gli avvenimenti sono narrati da «colui che porta le primizie al Tempio», da una persona cioè che non ha partecipato direttamente agli eventi. L’uscita dall’Egitto rappresenta il momento fondante della nascita della storia degli ebrei come popolo e il suo ricordo è il fondamento della loro fede e della loro esistenza ( Quattro sono i ricordi che l’ebreo deve conservare).
Memoria e oblio
Ma la memoria è anche selettiva. Non si può ricordare tutto. Anzi, la conoscenza avviene anche attraverso un processo di reminiscenza di ciò che si è dimenticato. Lo storico Yerushalmi porta l’esempio di due patologie simili nella loro opposizione. Se la perdita della memoria è grave, lo è altrettanto un eccesso di memoria, per cui non avviene mai la sedimentazione di ricordi precedenti, ma nella mente del malato affiorano tutti contemporaneamente, provocando uno stato confusionale. Ora, il divieto di dimenticare, nella tradizione ebraica, riguarda tutto quanto può interrompere quella trasmissione che assicura la sopravvivenza identitaria, in sostanza, l’etica e la legge. Un esempio: del potente re di Giuda, Manasse, la Torà si limita a dire «Fece ciò che è male agli occhi del Signore». Nulla di più. Ciò che conta è non dimenticare come si è svolto il passato. L’unico caso in cui è prescritto l’obbligo di cancellare un ricordo si riferisce ad Amalèk.
Lo Zakhòr e il Giorno della Memoria
Nella società ebraica secolarizzata dei nostri giorni si è persa questa nozione tradizionale di memoria.8 Questo vale soprattutto per la Shoah, che ha costituito una cesura delle sue forme originarie, di cui fa parte anche il valore vitale dell’oblio. Se fino ad allora, ogni evento, ogni catastrofe successivi al racconto biblico venivano interpretati in base a quel modello che vedeva comunque la presenza divina, con Auschwitz si è imposto il principio che nessun oblio è consentito. E del dovere di memoria si sono fatti carico i sopravvissuti, anche se a volte questa memoria è muta, per l’impossibilità a tradursi in linguaggio, a causa degli orrori che hanno ucciso, come dice Elie Wiesel,la parola.

Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò quei piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto il cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai. Elie Wisel, La notte

La differenza rispetto al passato è in quella assenza di Dio, sentita da quelle vittime cresciute nel solco della tradizione come lo scandalo maggiore, e nella nascita della figura del sopravvissuto-testimone, solo depositario di quella memoria, laddove la tradizione ebraica ha insegnato che ognuno deve farsi testimone tra passato e presente, per non interrompere la trasmissione di generazione in generazione sui cui si fonda l’identità ebraica. Oggi viviamo paradossalmente in un’epoca in cui si dà grande importanza alla memoria. Da quando è stato istituito il Giorno della Memoria delle vittime della Shoah, altre giornate sono state stabilite per ricordare avvenimenti che hanno sconvolto la storia del XX secolo, creando quella «mistica della memoria», come la definisce lo storico Georges Bensoussan, che rischia di portare all’esatto contrario dello scopo che si prefigge, cioè a un’amnesia collettiva. Proprio per le forme spettacolari che ha assunto, questa memoria tende ad avvolgere i crimini compiuti di un’aura arcaica e ancestrale, isolandoli dal loro contesto storico reale, facendo così dimenticare che furono il prodotto più violento della nostra modernità. Tuttavia, un fatto inaspettato sembra interpellare la coscienza ebraica contemporanea laicizzata e reinserire il dovere di memoria della tragedia recente nel solco della tradizione. Il 27 gennaio 1945, giorno in cui Auschwitz fu liberato dall’Armata Rossa, era un sabato. Dai tempi del ritorno dall’esilio babilonese nella Terra di Israele, nel VI secolo E.V., il sabato avviene la lettura pubblica della Torà, il cui testo è suddiviso in un numero di sezioni (parashòt) tali da coprire il ciclo di un anno. Ebbene, quel sabato, il brano in questione era quello dell’uscita dall’Egitto e del ricordo di ciò che fece Amalèk. Che significato dare a questa che sembra essere una coincidenza? Nel momento della massima sofferenza, quell’episodio archetipico, con il suo messaggio di vita e di liberazione, ma anche con il suo monito a non dimenticare chi si è reso responsabile di tanto male, indica come la memoria di quel tragico evento non debba esaurirsi nella sola celebrazione, ma penetrare nell’intimo e nell’anima di ognuno di noi. Zakhòr non è forse un imperativo di seconda persona?

CORRIERE della SERA - Antonio Carioti : " Online la lista degli ebrei finiti nei lager "



Tratto dai miei Amici di Informazione Corretta-giuseppe casarini
giuseppe casarini
27 Gennaio 2012
Oggi 27 gennaio 2012
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PAGINA DI DIARIO DEI RAGAZZI DELLA CLASSE IV B ...

Binasco, lunedì 1 febbraio 2010

Caro Diario, oggi abbiamo ricordato la giornata della memoria celebrata lo scorso 27 gennaio.
Per questo motivo con i nostri insegnanti abbiamo letto la storia "L'Albero di Anna". In questo racconto un ippocastato, che si trova al n. 263 di Pinsengracht ad Amsterdam, narra la storia di una ragazza nascosta nella soffitta del palazzo vicino a lui. Siamo durante la seconda guerra mondiale, e la ragazza è Anna Frank, che dopo due anni di clandestinità nella soffitta, viene arrestata e muore nel campo di concentramento di Bergen-Belsen.
Noi siano affezionati ad Anna, percè la nostra scuola è dedicata a lei e nel nostro giardino abbiamo un piccolo ippocastano che ariva direttamente da Amsterdam ....

sulle note del concerto d'addio alla Scala di Arturo Toscanini.
Pietro GANDINI
27 Gennaio 2012
Minimo sindacale
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Le manifestazioni per la Gionata della memoria del Comune di Binasco.

le iniziative

Tutto qui?????

Scacco Matto
27 Gennaio 2012
Zakhor.... oggi è il 27 gennaio, vero?
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Ricordati! è un imperativo: ma il ricordo deve essere finalizzato, vivo e non retorico e di circostanza.
Ricordati! … dello schianto e dell’assoluto male finale … ma di +…ricordati di come tutto è cominciato, dalla diffidenza, dal sottile pregiudizio poi divenuto legge, dall’aggressione individuale passata nell’indifferenza, ricordati della discriminazione, prima che della distruzione, dell’isolamento, prima dell’annientamento…. Impara sino in fondo, comprendi come la shoah comincia… per riconoscere i segni di qualcosa che sta dentro, e non fuori dalla natura umana. Impara che tutto questo è capitato a te… non ai tuoi nonni, non ai tuoi genitori…. Ricorda così come ricordi “con mano potente MI fece uscire dalla terra d’Egitto”…. Ricordati.

"Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò quei piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto il cielo muto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai. (Elie Wisel, La notte)"

cristina paola miriam rachel gallione
26 Gennaio 2012

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La tua poesia Oggi ricordo frammenti di orrore… ...di terrore è stata pubblicata nel sito Scrivere.

Titolo: Oggi ricordo frammenti di orrore… ...di terrore
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Autore: giuseppe gianpaolo casarini
Categoria: Cronaca
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Testo:
Nel giorno della Memoria oggi forti forti
tornano a me memorie al cuore e alla mente,
piange il primo affranto freme sì forte la seconda
allor che il Male assoluto nel cieco Mondo
con di questo l’assoluto strano a capir silenzio
terrore orrore morte seminava e sappiam quanto!
Risuonano ancor oggi i miei forti violenti passi
per scacciar l’angoscia e la paura del momento
come allora sul selciato largo e vuoto che alla vision
inizia e da di una città spettrale di morte e di camini
lungo le rive di un Danubio che pigro nella nebbia
scorreva in una triste lontana giornata di Novembre
dove spenta quei dì per non scorrer più la vita fu
in modo atroce e vile di umane vite ah quante quante
con il mio debol essere tramortito non atto fermo
il moto mio a varcarne la soglia tremendo quel suono
secco ancor lo sento delle scarpe mie quei gradini
pochi ma tremedi di salita ma che nel pianto certo
ben sicuro sentivo che povere Anime morte lì vicino

leggendo il mio distrutto pensier errante benevoli
a quel mio come irriverente vergognoso impedimento
facevan come ai miei passi Amiche dolce compagnia.
Corre il pensiero ancora e forte ai milioni ahi quanti
di bimbi e bimbe nel fior degli anni mai cresciuti mai
diventati grandi dove nella dolce oscurità che nella memoria
ne protegge il sonno scandire sento da voce amica
carezzevol nomi cognomi nazioni anni che per tanti
la decina è alquanto un vanto speranze deluse spente:
oggi bambini miei fanciulle mie non son a Binasco
ma lontano e ripercorro come quel giorno lì nel silenzio
affranto e nel dolore quel tratto buio ma dolce a Voi amico
caro son qui presente ecco nello Yad Vashem che
voi sempre ricorda e a ciascuno di Voi faccio oggi compagnia.
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Nota dell'autore:
A ricordo nel Giorno della Memoria dei milioni di Ebrei vittime innocenti della follia umana ...del Male Assoluto che potè agire indisturbato con il grave silenzio del Mondo...
giuseppe casarini
26 Gennaio 2012
ARBEIT MACHT FREI
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MODENA MO
CELEBRAZIONI La Provincia di Modena celebra il Giorno della memoria della Shoah ricordando i suoi 'Giusti fra le nazioni'. ... La cerimonia si svolgerà giovedì 26 alle 17 ... I 'Giusti tra le nazioni' sono i non-ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita per salvare la vita anche di un solo ebreo dalla Shoah.
CARPI MO
Il Museo Monumento al Deportato di Carpi è un museo storico sulla deportazione e sui campi di concentramento nazisti della seconda guerra mondiale. Progettato dallo studio BBPR (Belgioioso, Banfi, Peressutti e Rogers), in collaborazione con Giuseppe Lanzani e Renato Guttuso, è situato al piano terra del Palazzo dei Pio, nel centro storico della città.
Inaugurato nel 1973, è esempio unico in Italia di Memoriale della deportazione. Tredici sale di grande impatto emotivo, con graffiti opera di grandi artisti (Longoni, Picasso, Guttuso,Cagli, Léger) e frasi tratte dalle Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea. Alcune teche espongono oggetti appartenuti a deportati nei campi di concentramento. Il percorso si conclude nella Sala dei Nomi dove ci sono i nomi di oltre quattordicimila deportati dall’Italia. Nel cortile delle stele sedici alte stele in cemento armato recano incisi i nomi dei luoghi dello sterminio della seconda guerra mondiale.
MILANO MI
Il 30 gennaio 1944 dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano una umanità dolente, composta di cittadini italiani di religione ebraica di ogni età e condizione sociale, veniva caricata tra urla, percosse e latrati di cani su vagoni bestiame. All’alba di una livida domenica invernale più di 600 persone avevano attraversato la città svuotata partendo dal carcere di San Vittore su camion telati e avevano raggiunto i sotterranei della Stazione Centrale con accesso da via Ferrante Aporti. Tutti loro, braccati, incarcerati, detenuti per la sola colpa di esser nati ebrei partivano per ignota destinazione. Fu un viaggio di 7 giorni passati tra sofferenza e ansia.
LACCHIARELLA MI
Via dei Giusti fra le Nazioni Lacchiarella MI

BINASCO MI ?!?!?!
VALERIO PONCINA
26 Gennaio 2012
26 Gennaio
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Cara Cristina, per buona memoria delle istituzioni binaschine, affette da dimenticanza, e dei tanti ECADUTIGIU' che tale dimenticanza ritengono lecita, riporto la parte conclusiva del messaggio del Presidente della Camera dei deputati Fini presente nel sito da te segnalato:

…..Questa lodevole iniziativa contribuisce a tenere viva la memoria, specialmente tra le giovani generazioni, della tragedia della Shoah, costituendo un monito contro ogni tentativo di discriminazione degli uomini e di annullamento della dignità della persona. Occorre contrastare ogni nuova o vecchia forma di antisemitismo e di razzismo e impedire che qualsiasi ideologia o potere possano abbattersi sugli inermi, sugli innocenti, su interi popoli contro i quali compiere le discriminazioni più odiose per motivi di razza, di religione, di genere, di condizione sociale…..
 
Gianfranco Fini

Un indicazione precisa su ciò che un istituzione Comunale dovrebbe fare e che invece "DIMENTICA" di fare.

Gianfranco Salvemini
26 Gennaio 2012
scusate.....è il 26 gennaio, vero?
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Nell'assordante silenzio binaschino consiglio una visita al nuovo sito della memoria del Centro di Documentazione Ebraica ..... andate su www.nomidellashoah.it..... i nomi sono persone...."meditate che questo è stato" ( Primo Levi)
cristina paola miriam rachel gallione
26 Gennaio 2012
Giovedì Cinema
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Questa sera terzo film del ciclo 2012.
"Gianni e le donne" una commedia brillante sul "giovanilismo" di un sessantenne.

vedi il trailer 

Ricordo a tutti che sono ancora in vendita gli abbonamenti e che sono utilizzabili anche per più ingressi contemporaneamente.
L'ingresso e consentito anche pagando il biglietto intero.

Gianfranco Salvemini
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