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| |  | | Egregio signor Vecchi Commenta Vedi tutti gli argomenti
Riguardo alla sua richiesta si fa orecchio da mercante, perché lei vuole informazioni su un argomento considerato dai vertici dell’amministrazione locale “molto riservato”, il PGT. Ormai da anni, nel nostro paese due sono le forze che si contendono il paesaggio e l’ambiente, e dunque anche il diritto di parola e di informazione (e quindi di decisione) su questi temi: da un lato i diritti collettivi che prendono il nome di “pubblico interesse”, dall’altro il diritto di proprietà e di impresa, che agisce in nome del profitto individuale. Il pubblico interesse è lungimirante, il profitto privato di regola non lo è. Proprio per questo la nostra Costituzione riconosce la libertà dell’iniziativa economica privata, ma purché non sia “in contrasto con l’utilità sociale”, e anzi “possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali” (art. 41), e nel garantire la proprietà privata ne indica “i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale” (art. 42). Del resto lo scontro tra il cieco interesse di singoli e l’utilità pubblica si dipana sull’intero arco della storia italiana. È in nome del pubblico interesse che Gregorio XIII nel 1574 limitò persino per i cardinali il diritto di edificare a Roma e dopo l’unità d’Italia il lungo braccio di ferro fra il primato della proprietà privata, di tradizione piemontese, e la supremazia della pubblica utilità, si concluse con la vittoria del pubblico interesse nella legge di tutela del 1909, in seguito pienamente confermata e i cui principi ispiratori nel 1948 furono accolti nella nostra Costituzione.
Questo dice la nostra Costituzione, questo dicono le leggi che vengono umiliate ogni giorno non solo da chi le viola commettendo abusi, ma da chi le vanifica con una ragnatela di deroghe o ostacolando l’informazione e la partecipazione di che agisce per pubblico interesse.
Pietro Pasquino | |  |  | | 
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