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Bicentenario
"S. Bartolomea Capitanio"


S. BARTOLOMEA CAPITANIO     



“In silenzio ho ascoltato
 
ciò che mi diceva
  il mio Amore crocifisso…
 

 
 Ho conosciuto 
  quanto sia grande
  l’amore di Gesù
 
verso di me…
   
  Ho avuto desiderio 
  anch’io di far qualcosa
  per un Dio
  che muore per me.”

 

 

"Ho considerato l'amore di Dio per me 
e l'ho trovato infinito
"

IL DONO DI UNA SANTITA’ GIOVANE  

La santità è un “ideale” che dà alla propria uma­nità una direzione chiara di crescita, un orizzonte grande, un orientamento che tutto valorizza e potenzia. Bartolomea ha compreso molto presto che il dono della santità consegnatele nel Battesimo diventava compito non per il domani, ma subito, per il suo oggi.

Nell'esperienza spirituale di questa ragazza troviamo una efficace 'pedagogia di santità (cfr. nmi 31) che può essere prezioso dono per tutti.

Alcune sue espressioni ci indicano ciò che è importante per il nostro cammino:

"Voglio farmi santa, grande santa, presto santa": saper puntare in alto, coltivare desideri grandi e veri per la propria vita.

"Quella benedetta carità col prossimo che tanto esercitò Gesù Cristo... troppo mi piace": imparare ad ascoltare in profondità il proprio cuore e ciò che per davvero lo rende contento e avere il coraggio di giocare la vita per questo.

"So che l'amore di Dio non va mai disgiunto da un vero amore del prossimo": riconoscere che Gesù - Dio che si è compromesso con l'uo­mo - nell'uomo vuole essere amato.

"Fare ogni possibile, soffrire tutto, dare anche il sangue per il bene dei prossimi": rispondere all'amore illimitato di Gesù con il dono totale di sé, senza riserve.

Ricorre quest'anno il bicentenario della nascita di Santa Bartolomea Capitanio (1807-2007) la fondatrice delle Suore di Carità delle sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa dette di Maria Bambina e il 175° anniversario della vita del suo Istituto, iniziato a Lovere il 21 novembre 1832.
Questa santa - canonizzata a Roma da Pio XII il 18 maggio 1950 assieme alla sua compagna, Caterina Cerosa, diventata poi suor Vincenza - ci offre un modello di santità quanto mai attuale, in sintonia con le indicazioni di Giovanni Paolo II, che propone ai cristiani del terzo millennio di tendere alla "misura alta" della vita cristiana (NMI,30) e di Benedetto XVI nell'Enciclica Deus charitas est(cf 18).
               
Bartolomea Capitanio nasce a Lovere, ridente centro commerciale sulla sponda settentrionale del lago d'Iseo, il 13 gennaio 1807, primogenita di Modesto Capitanio e Caterina Canossi.
Scoprendo i segni concreti dell'amore di Dio nella sua vita, conquistata e affascinata da questo amore immenso, immeritato, gratuito, sente il bisogno di rispondervi con tutto lo slancio della sua natura esuberante e volitiva.
Comprende che non c'è modo migliore per ricambiare l'amore di Dio che quello di amare concretamente i fratelli, quei figli che Egli ama come ha amato lei e per i quali Gesù Redentore non ha esitato a donare la sua vita sulla croce e nell'Eucaristia.
Così, senza trascurare i suoi doveri familiari, si prende cura delle persone bisognose del suo paese: delle ragazze abbandonate a se stesse ed esposte ai pericoli; dei malati; dei carcerati e dei poveri.
Si tiene in contatto mediante una fitta corrispondenza con tante giovani coetanee e con i sacerdoti dei paesi vicini per favorire la rinascita della pratica cristiana dopo l'ondata di irreligiosità e di anticlericalismo che aveva travolto l'Italia in seguito alla rivoluzione francese.
Il passaggio degli eserciti napoleonici aveva lasciato la popolazione nella più profonda desolazione materiale, morale e spirituale. L'attività di Bartolomea è instancabile, sostenuta da una preghiera intensa, che pervade ogni attimo della sua giornata, vissuto in intimità sponsale con il suo Signore.

Comprende che per dare continuità agli impegni iniziati è necessario fondare un Istituto "il cui scopo sia: le opere di misericordia". Con il sostegno del parroco e con l'aiuto del direttore spirituale, Don Angelo Bosio, tra difficoltà e tribolazioni lo avvia in una situazione di estrema precarietà, in una casa poverissima, con una sola compagna, Caterina Cerosa.
A cinque mesi dall'inizio, una grave malattia polmonare in tre mesi la porta alla tomba, a soli 26 anni. Essa accoglie la chiamata del Signore con serenità, nella certezza che dal ciclo avrebbe giovato all'Istituto più che sulla terra.
Alla sua morte - il 26 luglio 1833 - tutto pare finito perché Caterina, già matura negli anni, non si sente all'altezza del progetto di Bartolomea; tuttavia, sollecitata dal parroco e appoggiata da Don Bosio, per obbedienza lo porta avanti con un'unzione che le deriva dalla santità.

Così l'Istituto si svilup¬pa velocemente espandendosi nel Lombardo-Veneto e nel Tirolo. Nel 1860 le suore vengono richieste per il Bengala e così continuano a diffondersi, andando là dove viene richiesta la loro presenza perché "il bisogno è grande e urgente", come desiderava la fondatrice. Oggi si trovano sparse in 20 paesi di quattro continenti: così l'Istituto ha acquistato una chiara fisionomia internazionale.
Tutto è nato da quel piccolo seme iniziale, gettato con fiducia in una zolla di terra loverese, che ha accettato di morire per permettere al Signore di farlo fruttificare abbondantemente anche per la necessità degli uomini del nostro tempo.