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             "La vittoria migliore è 
              quella che si ottiene senza combattere" 
            Il karate è un'arte marziale 
              relativamente giovane: infatti, il suo riconoscimento pubblico risale 
              solo al 1905, e quello ufficiale al 1922. Il travaglio che ha portato 
              alla creazione di quest'arte, tuttavia, è durato secoli: 
              per capire meglio in quali condizioni si è sviluppato, ripercorriamo 
              alcune tappe della storia della culla del karate, Okinawa. 
              
            Okinawa è l'isola principale 
              dell'arcipelago delle Ryukyu, o Nansei, situate a metà strada 
              tra la Cina ed il Giappone. Dal 1372 al 1609, le isole Ryukyu furono 
              uno stato vassallo della Cina. Per mantenere l'ordine, un gruppo 
              di funzionari cinesi (conosciuto come le 36 famiglie) venne 
              mandato a stabilirsi nella città di Naha (una delle principali 
              città di Okinawa) già dal 1392, e trent'anni più 
              tardi l'uso delle armi venne vietato su tutta l'isola (a questo 
              proposito è utile ricordare che Okinawa era ricca di zolfo, 
              necessario alla Cina per produrre esplosivi, ed in una posizione 
              perfetta per divenire un importante nodo commerciale del Pacifico. 
              Il divieto di usare armi diviene perciò ancora più 
              comprensibile, soprattutto considerato il fatto che nel Quattro-Cinquecento 
              iniziavano a comparire sulla scena commerciale anche navi occidentali). 
             
              
            Nel 1609, il clan giapponese dei Satsuma conquista 
              le isole Ryukyu, rinforzando ancora di più il divieto imposto 
              dai cinesi di portare armi. La dominazione Satsuma è un forte 
              peso economico per l'arcipelago, in quanto gli abitanti vengono 
              fortemente tassati, anche se non diviene cruda repressione, in quanto 
              il Giappone non vuole inimicarsi la potente Cina, a cui gli abitanti 
              delle Ryukyu sono ancora legati. Per mantenere, almeno in apparenza, 
              la pace, il clan Satsuma mantiene nascosta agli occhi della Cina 
              la sua presenza nelle Ryukyu.  
              
            Intuendo le disastrose conseguenze 
              di un guerra aperta, i reggenti delle Ryukyu Haneji Choshu e Saion 
              sfruttano il potere della diplomazia e delle buone maniere (non 
              per nulla le Ryukyu vengono denominate shurei no kuni, "la 
              nazione che segue il protocollo"). Ma le richieste dei Satsuma, 
              quali la tassazione obbligatoria di tutti gli abitanti dai quindici 
              ai cinquanta anni rappresentano certamente misure impopolari (rimane 
              ancora, nell'isola di Miyako-jima, la "pietra delle tasse": 
              secondo la legge, chiunque fosse più alto di tale pietra 
              doveva pagare un tributo), e la sfortunata coincidenza di calamità 
              naturali (come la tsunami del 1771, che uccise migliaia di persone 
              e distrusse innumerevoli campi e villaggi) e carestie rendono la 
              situazione piuttosto tesa.  
            Sebbene non apertamente ostili alla 
              dominazione giapponese, gli abitanti delle Ryukyu organizzano tuttavia 
              una rete di resistenza segreta all'autorità, in cui l'arte 
              di combattimento indigena e quella cinese (il Kempo, tramandata 
              per generazioni dalle famiglie di origine cinese ormai naturalizzate 
              sull'isola di Okinawa) si fondono e si integrano in una nuova sintesi 
              estrememente efficace (non dimentichiamo che i contadini di Okinawa 
              dovevano difendersi con le sole mani e gli attrezzi agricoli dai 
              samurai, che avevano ricevuto una educazione militare e possedevano 
              buone armi e corazze). Questa arte di combattimento viene indicata 
              come tote, o "mano cinese". 
              
            Il primo maestro di tote ufficialmente riconosciuto 
              ad Okinawa, Sakugawa (1782-1865), compare infatti molto più 
              tardi, quando la dominazione nascosta del clan Satsuma volge al 
              termine (Okinawa diviene una prefettura giapponese nel 1879). Il 
              merito di questo maestro appare quello di avere incorporato elementi 
              di combattimento della Cina del Nord nel tote di Okinawa, 
              che fino ad allora risentiva solo degli influssi della Cina del 
              Sud. Allievo di Sakugawa fu Sokon Matsumura, che formalizzò 
              uno stile di tote noto come Shuri-te, dal nome della città 
              di Shuri, dove insegnava. Questo stile risente degli influssi degli 
              stili della Cina del Nord, in quanto utilizza posizioni lunghe e 
              mobili, molti calci e movimenti dei piedi in linea retta. Al contrario, 
              il tote sviluppatosi nella regione di Naha (Naha-te) risente 
              maggiormente degli stili della Cina del Sud, con posizioni più 
              stabili e potenti, movimenti dei piedi a semicerchio, pochi calci 
              e unicamente diretti alle regioni basse del corpo, e una respirazione 
              sonora. Un terzo stile meno diffuso, il Tomari-te, appare molto 
              simile al Naha-te ma utilizza maggiormente tecniche di leva e proiezioni. 
              Matsumura è stato responsabile dell'introduzione del makiwara 
              come attrezzo fondamentale dell'allenamento del karate, ed ha creato 
              i kata Bassai.  
            La trasformazione politica delle Ryukyu in prefettura 
              giapponese viene accompagnata da una trasformazione culturale. Infatti, 
              se fino ad allora il modello culturale dell'arcipelago era stato 
              la Cina, le ambizioni nazionaliste del Giappone danno l'avvio ad 
              un processo di nipponizzazione della cultura. Inizia così, 
              purtroppo, anche la militarizzazione dell'isola, con l'invio di 
              un contingente armato nel territorio di Kohagura, tra le città 
              di Naha e Shuri.  
            Il tentativo di cancellare l'influenza cinese dalla 
              cultura delle Ryukyu ebbe tra i suoi risultati quello di riformare 
              il sistema educativo. Nel 1905, il maestro Anko Itosu introdusse 
              il karate nelle scuole di Okinawa, creando kata di base didattici, 
              i Pinan, e nel 1922 i maestri Gichin Funakoshi e Choki Motobu iniziarono 
              a diffondere il karate in Giappone, rispettivamente a Tokyo e Osaka. 
              Alla luce dei tempi, è ben comprensibile che il Giappone 
              non avrebbe mai accettato una disciplina con un nome cinese 
              proveniente da Okinawa. Sfruttando il fatto che la pronuncia giapponese 
              di tote era karate, il maestro Gichin Funakoshi suggerì 
              di sostituire l'ideogramma che significava "cinese" con 
              quello che significava "vuoto", pronunciato allo stesso 
              modo. Nasceva così il karate, l'arte della mano vuota.La 
              prima associazione di karate, la Okinawa-karate-jutsu-kenkyu-kai, 
              fu creata da Chojun Miyagi, insieme a Chomo Hanashiro, Kenwa Mabuni 
              e Choyu Motobu. Il maestro Miyagi fu anche il primo a dare un nome 
              al suo stile di karate, il goju-ryu, derivato dal naha-te.  
            Purtroppo, attualmente lo spirito di Okinawa è 
              molto diverso da quello in cui si sviluppò il karate. Infatti, 
              data la sua posizione strategicamente importante dal punto di vista 
              militare, quest'isola su cui le armi sono state così a lungo 
              bandite divenne sede di basi militari giapponesi prima e americane 
              poi, per divenire infine una postazione strategicamente contesa 
              durante la guerra del Pacifico. Le travagliate vicende recenti dell'isola 
              purtroppo hanno disperso buona parte dei maestri e delle conoscenze 
              sul karate; d'altra parte, le stesse vicende hanno contribuito alla 
              diffusione di quest'arte su scala mondiale. 
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