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Ricordi di Mons. Domenico Senna
protagonista dei Giorni dell'ira
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Il 21 Aprile 1980, invitato a portare la sua testimonianza durante un
incontro svoltosi nell' aula consiliare del castello di Binasco,
Don Domenico Senna si esprimeva così.
(articoli apparsi su "Il TICINO" dei giorni 10,24,31 Maggio e 14 Giugno 1980)
IN QUESTA AULA 36 ANNI FA LA CONDANNA A MORTE A CINQUE
GIOVANI
Prevosto di Binasco allora era Don Davide Perversi ,
nipote di Don Davide Albertario, uomo di studio e di
pietà.
Ammalato dal 1941 fui suo coadiutore, poi infermiere e
confessore.
Lui per me un consigliere, un papà.
Tra noi non vi erano segreti.
Don Domenico con Mons Allorio e Don Perversi
Invitato a ricordare il mio periodo di permanenza a
Binasco negli anni 1940 - 1946 mi permetto queste
considerazioni:
Il mio primo pensiero è quello del ringraziamento per
questo invito, perché‚ da parecchio tempo qualcuno di
Binasco aveva espresso il desiderio di rivivere quelli
che sono stati gli anni tremendi:
guerra - bombardamenti - resistenza.
Naturalmente il mio ringraziamento è anche riconoscenza
perché‚ mi dà, questa sera, la possibilità di rivedere
questa sala, di cui sentirete quello che dirò; essa
infatti è testimone di una notte tremenda, quella del 12
dicembre 1944, quando fu istituito una specie di
tribunale in cui sono stati condannati i cinque ragazzi
di Pescarenico che sono stati poi fucilati a Merlate.
E' stata una notte nella quale in questa sala abbiamo
portato il nome di Dio a conforto di quelle giovani
esistenze, che poi sarebbero state troncate dall'odio e
dalla barbarie della guerra.
Rivedendola così piena di luce, purtroppo penso alle
tenebre, all'angoscia ed alla sofferenza di quella
notte. Entrare in questa sala, per me, è un po' rivivere
tutto quello che è successo allora.
E, detto questo, permettete che prima di iniziare, abbia
a fare due precisazioni, che vi leggo tanto per essere
in armonia e non tradirmi.
Il mio pensiero in questa circostanza, va a tutti coloro
che nel periodo 1943 -1945, il cosiddetto periodo della
Resistenza, hanno lavorato, sofferto, collaborato per
poter preparare i tempi in cui ci fosse concordia,
armonia, rispetto reciproco all'insegna della libertà,
intesa non solo come principio di scelta, ma anche come
ricerca del bene che potesse giovare a tutto il Paese, a
tutta la comunità.
Loriga, Gatti, Oliveri, Roscio, Repossi, Ordanini,
Rognoni, Negri, Cattaneo, Santamaria, Visigalli, son
tutte persone che ci hanno lasciato, ma questa sera le
voglio ricordare, in modo particolare, perché‚ sono tutti
coloro con i quali eravamo uniti in quel periodo.
Insieme vorrei ricordare tanti altri veri Binaschini,
che hanno dato il loro contributo di lavoro e sofferenze
in posizioni umili e nascoste, ma tanto preziose, perché‚
tutto ha contribuito a creare uno spirito di unità e di
solidarietà. Li accomuno in un ricordo cristiano ed
umano, che vuol essere, per me, in questo momento,
preghiera e riconoscenza.
UNA SECONDA PREMESSA
Nel ricordare fatti, situazioni, avvenimenti che
risalgono a circa quaranta anni fa, vorrei che tutti noi
pensassimo e ragionassimo non con la mentalità
culturale, politica o religiosa di oggi. Così pure non
ci dobbiamo mettere nelle situazioni in cui oggi siamo
chiamati a vivere ed a operare, ma dobbiamo riferirci a
quello che era la vita di allora, al modo di pensare e
di agire di allora. Ricordiamo che eravamo in guerra,
una guerra che non era sentita, il popolo non cantava,
piangeva; mentre nella prima guerra mondiale -permettete
questa osservazione - i nostri soldati cantavano e tutti
le belle canzoni, che ancora oggi ricordiamo, indicavano
uno stato d'animo di partecipazione; in questa guerra
del '40 non si cantava.
La mia rievocazione non vuole essere un giudizio sui
fatti di allora, ma una semplice esposizione, per non
dire elencazione, di avvenimenti nei quali sono stato
coinvolto personalmente.
ESPOSIZIONE ED ELENCAZIONE IL PIU' POSSIBILE OBIETTIVA
Sarebbe da parte mia presunzione ed esibizionismo non
attenermi alla realtà delle cose. Desidero poi rimanere
in quello spirito che ci animava e ci teneva uniti: il
bene di Binasco, l'unità della sua gente e la
salvaguardia dei valori storici, civili, culturali e
religiosi.
I tempi allora erano difficili, l'incertezza terribile,
le forze che operavano molteplici, il muoversi tante
volte era problematico e rischioso, mancava tutto. Non
c'erano i tempi lunghi, bisognava decidere al momento,
ma vi era uno spirito vivo, operante, bisognava
riconquistare quella libertà che ci avrebbe permesso di
operare: ed è di qui che è scaturita la nostra capacità
di rispettarci, di intenderci, di unirci per lavorare
insieme. E questa capacità per me è stata la base di
tutti i movimenti.
Veniamo ai fatti. Se permettete prima di tutto vediamo
come era a Binasco la situazione. In questo posto dove
siamo noi (sala Consigliare) c'erano tutte le
organizzazioni del Partito Fascista, qui avevano sede i
figli della lupa, gli avanguardisti, i giovani fascisti;
di sopra c'era la sede del Comune.
A tutte queste forze Binasco allora si opponeva in altro
luogo: l'Oratorio, l' Azione Cattolica con tutte le sue
Associazioni, comprese la musica, il teatro, quelle
sportive, la Virtus che poi è risorta di comune accordo
subito dopo la guerra.
Naturalmente tutte le iniziative dell'Oratorio erano
fumo negli occhi per chi abitava in questo luogo.
C'era poi un'altra realtà a Binasco che non possiamo
trascurare ed era la Cooperativa che, devo dire, aveva
la sua colorazione politica, sebbene sotto l'etichetta
del dopo-lavoro, ma che purtroppo non poteva operare (ha
cominciato ad operare dopo il 1943). Permettete che,
prima di arrivare al 1943, abbia a ricordare il fatto
che per me è stato la chiave per comprenderci. Siamo
nel 1941 e i ragazzi dell'Oratorio avevano conquistato
nella gara di cultura religiosa il primo premio
nazionale, un premio ambito, che poi avrebbero ritirato
dalle mani del Pontefice, con Binasco scritto su tutti i
gagliardetti, nel novembre del 1941. Sulle ali di
questa manifestazione, di questa conquista, si è
organizzata la colonia estiva del 1941. Eravamo alla
monda del riso, e i ragazzi erano per le strade.
L'abbiamo organizzata in un modo abbastanza
soddisfacente: avevamo perfino la cucina calda.
Dopo dieci giorni di funzionamento siamo buttati fuori
dai nostri locali, ci chiudono l'oratorio, ci
proibiscono di continuare la colonia. E' stata questa
occasione che mi ha dato la chiave per comprendere lo
spirito che c'era a Binasco, perché‚, permettete
l'espressione, che però ha un significato molto
relativo, la "parte avversaria" di allora ha capito
quali erano i sentimenti con i quali noi ci muovevamo:
il bene del paese.
Mi ricordo che una certa domenica, tornando dal cimitero
ed entrando in Cooperativa, là ho cominciato a conoscere
la "parte avversaria", ci siamo guardati negli occhi, ci
siamo stretti la mano e di là abbiamo cominciato a
camminare insieme.
L'ho detto come premessa perché‚ è stata la vera chiave
che m'ha dato la maniera di comprendere Binasco.
Pensate che ho portato allora 33 ragazzi a Roma, spesati
di tutto, per quattro giorni, con i soldi avuti anche
dalla "parte avversaria". Si trattava di Binasco che
andava a Roma, che andava dal Papa e allora, è stato un
avvenimento. Qui sono iniziati i nostri collegamenti
(con gli uomini della Resistenza) perché‚ ci ha
accompagnati da Roma fino a Binasco l'allora corridore
in macchina Cornaggia Medici, che è diventato poi un
esponente, non ultimo, dell'Italia che sorgeva.
MATTEI E FALK OSPITI DEL MOVIMENTO CLANDESTINO LOCALE
Quella famosa notte del 25 luglio 1943 -Una figura da
non dimenticare:
il dott. Loriga torturato dai nazi-fascisti nella Sala
Consigliare del Comune
L'Oratorio ospita i fuggiaschi da Milano L' aiuto ai
prigionieri inglesi.
Veniamo ad un fatto che io devo ricordare, ed è che
allora a Binasco operava un Centro Studi, di matrice
cattolica, il quale comprendeva persone di tutta la
zona, da Rozzano a Casarile, Coazzano, Baselica Bologna,
Lacchiarella. Il Centro studi è nato apparentemente con
lo scopo di studiare i problemi della zona: acqua
potabile, luce in tutte le cascine telefono ecc.; di
fatto questa attività è stata un' ottima copertura per
poter mimetizzare la prima organizzazione partigiana.
Quanto affermo è documentabile perché‚ alcune persone che
componevano il Centro Studi sono ancora viventi e
possono testimoniare che da questi incontri è nato nel
1943 il nostro movimento partigiano. Infatti l' 8
settembre Mattei, scappando da Milano, ha trovato a
Binasco il terreno già pronto per rimanere ospite per
quindici giorni presso una famiglia, alcuni componenti
della quale sono ancora viventi.
Anche Giovanni Falk è stato ospite in parrocchia due
giorni e poi sistemato anche lui presso una famiglia.
Sia per Falk sia per Mattei abbiamo trovato quella
sistemazione momentanea; poi li abbiamo portati alla
Certosa di Pavia presso i monaci che hanno trovato la
maniera di condurli in montagna. Il fatto che il Centro
Studi sia riuscito a dare una sistemazione a Mattei e a
Falk qui a Binasco, spiega perché‚ tanti binaschini hanno
trovato la via facile per essere assunti alla Snam:
bastava un biglietto da Binasco firmato da certe persone
per essere assunti ad occhi chiusi da Mattei. E veniamo
alla data storica del 25 luglio 1943: la caduta del
fascismo, che non ci ha trovato impreparati, sebbene un
po' perplessi. Ricordo la sera precedente: appresi la
notizia lungo la strada, uscendo dall'Oratorio, verso le
ventitre, e ho ancora presente la prima riunione tenuta
nella notte al Circolo: c'era imbarazzo e incertezza,
non sapevamo che cosa fare, che cosa dire, e poi lo
scoppio esultante della gente che si è riversata in
piazza la mattina del 25 luglio. Sono avvenimenti che io
non posso dimenticare: la salita al Castello del Dott.
Loriga (del quale dovremmo parlarne per rievocare la
figura) dando fuoco a quei gagliardetti neri, ha
gridato: viva il Papa re, viva il Papa imperatore.
La piazza era gremita e quest'uomo col suo gesto ha
salvato un po' Binasco, perché‚ i fermenti c'erano e
potevano capitare anche cose incresciose. Veramente il
Dott. Loriga con altruismo e generosità ha saputo in
quel giorno incanalare tutta la gente del paese,
mantenendo tutta l'attenzione su quei fatti. Sappiamo
come l'abbia pagata cara. Vorrei ricordare che forse il
Comune farebbe bene a rispolverare una certa mozione,
quando fu conferita una medaglia d'oro alla vedova nel
1965: forse qualcuno del pubblico si ricorderà, e mi
pare che in Comune ci sia tutto un dossier in cui si
ricorda la figura di questo dottore. Egli ha sofferto
perché‚ è stato torturato, malmenato, picchiato a sangue
qui dentro,in questa Sala Consigliare. La notte tra San
Giuseppe e il 20 marzo 1945 il dott. Loriga cadde
sfinito sulla scala di casa sua, con la siringa in mano,
mentre cercava ancora di aiutarsi; io sono stato
chiamato ed ho assistito alla sua morte, e, al dott.
Negri che era accorso, ho fatto notare le chiazze che
aveva sulla schiena, conseguenza delle punzecchiature
subite durante la tortura; io conoscevo questo
particolare perché‚ a me egli aveva confidato tutto. Il
dott. Loriga è veramente un martire. Veniamo
all'agosto 1943; bombardamento di Milano.
Voi vi ricordate che io per primo, dopo aver consultato
tutti gli altri - e qui ci sono testimoni di quel
periodo che abbiamo vissuto insieme -, ho messo a
disposizione l'Oratorio, compresa la chiesetta, per
ospitare tutta la gente che fuggiva da Milano. Con i
giovani e i ragazzi di allora -c'erano l'Oreste,
l'Oldani e altri che non vedo -, siamo andati a Conigo a
prendere le brandine e le coperte delle mondariso.
L'Oratorio ospitava dalle sessanta alle settanta
persone, e c'era ancora la famosa cucina della colonia
che avevamo organizzato nel 1941.
Devo dire che abbiamo avuto difficoltà enormi per il
Cinema Italia, che poi ha dovuto cadere; se noi
mettevamo a disposizione l'Oratorio, perché‚ non ci
doveva essere a disposizione anche il cinema Italia di
proprietà Comunale? Allora in Comune c'era un po' di
confusione; ad ogni modo siamo riusciti ad ospitare a
Binasco più di cento sinistrati dal bombardamento, che
venivano e trovavano alla sera un piatto caldo oltre al
posto per dormire, e questi sono rimasti quasi un anno.
Dove trovavamo i soldi? Anche qui un grande mistero:
arrivavano come li mandava la provvidenza, attraverso la
generosità dei Binaschini, che hanno dimostrato una
grande bontà d'animo. L'8 settembre ci ha presentato un
altro problema.
Anzitutto, per rendere onore alla verità - se qualcuno è
in grado di contraddirmi, lo faccia liberamente, ma
credo che nessuno mi possa smentire - devo dire che
nessuno dei giovani sbandati è andato in montagna, però
stavano nascosti nei campi, senza tessera, senza
possibilità di assistenza, senza medicinali. Qui un
nome lo devo fare, anche se con i nomi sono stato molto
parco, ed è quello di Oliveri. Non ho parole per dire
quello che ha fatto per gli sbandati: si è impegnato,
assieme ad altre forze, con grande disponibilità e
cuore, e forse è stato troppo dimenticato. Con lui
c'era soprattutto l'infaticabile Gatti, che però aveva
una numerosa famiglia cui pensare; Oliveri, pur avendo
una famiglia abbastanza numerosa, disponeva di altre
possibilità. Ad ogni modo, per gli sbandati, la
generosità di Oliveri è stata superiore a qualsiasi
immaginazione, e solo chi gli era vicino poteva
comprendere quell'uomo.
Ma ci sono in quel periodo, subito dopo, due cose che
rattristano e ci mettono in ansia: i Tedeschi che si
sistemano a Santa Caterina, vicino a Coazzano, e la
Resega, che si sistema in Castello, proprio in questo
locale presso la sede del partito fascista.
Essi ci ponevano tantissimi problemi, che però cercavamo
di parare, e qui dovrei ricordare le critiche dei
binaschini a mio riguardo.
Ogni tanto mi vedevano a braccetto con il Ranzani, che
era il comandante della Resega; io non potevo dire
perché‚ lo facevo. Nelle mattine in cui veniva
distribuito il pane per gli sbandati, qualcuno doveva
per forza prendere quest'uomo e condurlo in un caffè,
farlo bere, tenerlo li tutta la mattina fra un cicchetto
e l'altro, perché‚ le mamme e le ragazze potessero andare
a prendere il pane e portarlo a questi ragazzi, che
altrimenti sarebbero morti di fame. Questo dico non per
giustificarmi, ma perché‚ era la realtà: quel bere per me
era un sacrificio, perché‚ poi stavo male per due o tre
giorno, ma era necessario.
DON SENNA NELLA MISCHIA,
LOCATELLI AL SICURO PRESSO IL COGNATO PRETE
Devo ora parlare di Locatelli; mi rincresce, ma la
verità è quella che è; non è che io fossi contrario al
suo ritorno a Binasco come sindaco, però devo dire che
quando nel '43 noi lo abbiamo invitato a tornare a
Binasco per essere al nostro fianco, lui ha rifiutato.
Io ho avuto con lui un contatto solo nell'estate del '
44; sapevo dov'era, perché‚ me lo avevano detto gli
amici: era in casa di suo cognato che era sacerdote e
viveva a Pavia nella Chiesa di San Giorgio, ed è sempre
rimasto lì. Negri e Oliveri continuavano a tempestarmi
perché‚ facessi conoscenza, perché‚ non l'avevo mai visto
ne conosciuto, e difatti sono andato. Ho avuto questo
primo contatto; lui è stato contento, io forse un po'
meno perché‚ io avevo le mie idee e lui le sue, però
l'armonia c'è sempre stata; anche in seguito sono
ritornato da lui per sentire il suo parere su certe
cose.
Locatelli comunque nel '43 si era rifiutato di venire,
quando c'è stata la caduta del fascismo è sempre rimasto
a Pavia presso il cognato Don Alfredo Storeni. In quel
periodo del '44 è cominciata l'organizzazione del
partito chiamato popolare che è diventato Democrazia
Cristiana.
Vorrei ricordare le riunioni che ci sono state presso le
Suore , in una delle quali furono presenti l'on. Meda e
altre personalità; le suore hanno offerto un buon
pranzetto, poi alla sera i partecipanti hanno trattato i
loro problemi. C'era stata una difficoltà allora per
entrare dalla suore: per non farsi notare, chi entrava
dalla corte della Marianin, chi dal campo sportivo, chi
dall'oratorio.
A Binasco è stato il momento in cui anche i partiti e
tutte le forze politiche di allora che cominciavano ad
organizzarsi, hanno avuto una riunione presso le suore,
e c'era anche Greppi (primo Sindaco di Milano dopo la
Liberazione) che poi nel '45, quando abbiamo celebrato
le feste del centenario della Beata Veronica, ha sentito
il bisogno di ringraziare per l'ospitalità ed ha
partecipato ufficialmente alle feste in onore della
Beata. La venuta di Greppi è dovuta al fatto che noi
gli avevamo dato tutta l'ospitalità e la compressione
possibili.
Un giorno di agosto mentre tornavo da
Conigo, dove ero stato a portare da mangiare agli
sbandati ho sentito dire che il dott. Loriga era stato
chiamato in Castello e picchiato a sangue dai militi
della Muti, i quali poi sono andati al caffè Montani
(Liciu) a bere un liquorino per ...rifarsi, e avevano
dato ordine di chiamare me; per fortuna una donna ha
sentito, mi ha avvertito e la Provvidenza volle che,
mentre stavo uscendo di casa con la bicicletta per
scappare, incontrassi Giovanni Baroni col suo "side-car"
della "busecca", sono saltato dentro, mi sono coperto
con il telo, la motocarrozzetta è partita e io mi sono
salvato per miracolo; sono rimasto via otto giorni,
mentre qui mi cercavano per mare e per terra, perché‚
volevano farmi fare la fine di Loriga; ma il Giovanni
Baroni è stato talmente svelto che mi ha salvato. Così
sono andato a finire (e vi dico anche il posto) alla
Clinica Mangiagalli di Milano. Nel periodo dei
bombardamenti di Milano la Clinica Mangiagalli era
sfollata a Binasco presso le scuole; così ho potuto
contare su quelle amicizie, che mi hanno permesso di
restare lì nascosto per otto giorni. Tutti i giorni però
avevo notizie di Binasco o per telefono o perché‚ venivo
fino a Porta Ludovica a incontrare Lodi o Mantovani,
amici che mi davano notizie.
Poi un bel momento mi hanno informato che sarei potuto
ritornare il paese perché‚ la Muti se n' era andata. Però
sono stati per me mesi tremendi, perché‚ sorvegliato,
pedinato, perquisito in casa; hanno perquisito due volte
anche la sacrestia della chiesa, perché‚ cercavano armi,
cercavano di tutto per compromettermi, ma per fortuna mi
è sempre andata bene.
12 DICEMBRE 1944 : I FUCILATI DI PESCARENICO
12 GENNAIO 1945: OTTO BOMBE SUL PAESE
Veniamo al 12 dicembre 1944: i ragazzi di Pescarenico.
Come sono stati presi, io l'ho saputo da loro: erano
venuti a comperare del riso e avevano fatto le loro
compere a Moncucco e per aspettare la corriera che
ripartiva la mattina, sono andati a mangiare a Merlate
all'osteria. Chi abbia telefonato alla Resega non si
sa; fatto sta che li hanno presi: erano quattro, più un
quinto che era militare, un marinaio. Dalla finestra i
militi si sono appostati, hanno cercato di farli fuori,
ma non sono riusciti, perché‚ il ragazzo, quello
militare, ha risposto al fuoco; allora li hanno
circondati e catturati. Furono poi portati a Binasco in
questa sala; uno era ferito e chiamarono il dott.
Loriga per tamponargli il sangue, e Loriga dice "ma qui
ci vuole il Prete".
Sono venuti a chiamarmi, io non
volevo uscire di casa; qui devo esprimere riconoscenza a
mio padre, il quale non ha permesso che scendessi e
venissi in questo posto da solo, ma mi ha accompagnato,
e pover' uomo ha aspettato qui con la sua pipa in bocca
per vedere che cosa sarebbe successo. Voi sapete che io
sono intervenuto, perché‚ quando ho saputo che di là si
faceva il processo, sono entrato anche se mi sbarravano
il passo con la forza e mi sono fatto sentire. Erano
gente di Corsico che svolgevano il processo senza
difesa, senza capo di imputazione. Per un po' ho
cercato di ragionare, poi ho alzato la voce, ma mi hanno
spinto in un cantuccio, mettendomi davanti uno con la
rivoltella puntata: mi hanno fatto tacere. Però quando
ho sentito la sentenza di morte e che la fucilazione
doveva avvenire alle ore otto in piazza a Binasco,
allora non ci ho visto più, ho dato un grande spintone a
chi mi stava davanti con la rivoltella, mi sono messo
davanti e ho detto : "questo è troppo, perché‚ se c'è una
legge che voi volete rispettare, rispettatela fino in
fondo, questi ragazzi non possono essere fucilati a
Binasco, l'esecuzione deve avvenire dove li avete presi,
se questa è la vostra sentenza".
Voi capite la mia
situazione in quel momento: ero solo, non potevo
comunicare con nessuno e ho tentato il tutto per tutto;
intanto quelli parlottano tra loro e dicono: "Beh, la
vogliamo accontentare, saranno fucilati non a Binasco,
ma a Merlate". "Davanti alla vostra irremovibilità -
continuai io - non posso nulla, però permettete che
resti solo con i ragazzi". Me l'hanno permesso; ho
parlato ai ragazzi, li ho confessati, mi son fatto dare
le ultime volontà, mi hanno dato i loro portafogli, i
loro anelli e poi ho portato loro il Santissimo.
C'era schierato un picchetto coi fucili, ho dato un
manrovescio a uno dicendo che domineddio non ha bisogno
dei dispetti, e sono entrato. Alle sette meno un quarto
ho preso la bicicletta e sono corso a Milano dal
Cardinale, dopo che avevo tentato di mettermi in
comunicazione con lui, ma purtroppo i telefoni erano
bloccati dai tedeschi che non mi lasciavano parlare.
Così sono arrivato in Arcivescovado alle otto circa.
Il Cardinale mi ha ricevuto subito, ha telefonato
immediatamente, ma ha avuto come risposta che la
sentenza era già stata eseguita.
Ho ripreso la
bicicletta e sono arrivato a Binasco alle dieci circa,
sono corso al castello con l'idea di salvare almeno il
ferito, ma mentre salivo la rampa, Ranzani scendendo
risponde alla mia domanda e dice "Ho fatto fuori anche
quello". Immaginate che Natale abbiamo fatto; erano
tutti nella paura e purtroppo la storia non era finita.
Siamo al 12 gennaio 1945: il bombardamento. Eravamo
alla vigilia di una grande festa, perché‚ iniziava la
celebrazione del centenario della nascita della Beata
Veronica, cittadina di Binasco, vissuta qui. Ma la festa
è stata insanguinata dalle vittime del bombardamento.
Furono lanciate otto bombe: sul ponte, sulla
Cooperativa, in Via Matteotti presso il Cinema Italia, e
in via Cavour.
Non c'era a casa nessuno, non c'era il Podestà ( che
allora era il Goi), la gente era tutta al lavoro, ero
solo con davanti un'infinità di problemi, io stesso ero
salvo per miracolo perché‚ mentre uscivo dalla chiesa con
i ragazzi che correvano per vedere, un vetro caduto m'ha
tagliato il soprabito a filo d'orecchio.
La mia casa e quella delle suore, quelle di Regina Pacis
(qui bisogna riconoscere che le suore hanno fatto molto)
si erano trasformate in una specie di pronto soccorso: i
feriti erano molti, i morti sono stati più di venti.
In quel momento ho sentito il cuore di Binasco che batteva
all'unisono, perché‚ quando la domenica mattina (la
tragedia era accaduta il venerdì verso le quindici) io
ho chiesto alla popolazione di Binasco dal pulpito
quello che occorreva, nello spazio di poche ore ho avuto
tutto, tanto è vero che alla messa grande ho detto
"fermatevi, che adesso gli aiuti sono sufficienti" E'
stato il momento in cui l'unione è stata perfetta: non
parlavamo, bastava guardarci negli occhi per comprendere
tutto il nostro stato d'animo, per comprendere come in
quel momento non valeva nessuna idea, solo la dignità
umana, era l'uomo (come dice oggi il Papa) che si doveva
salvare. Pensate cosa è successo quella sera a Binasco
quando sono tornate le prime corriere e molti non hanno
trovato più la casa, la moglie, i figli. Molti sono
rimasti in Chiesa tutta la notte. Il Vescovo Mons.
Allorio, avvertito, si precipitò a Binasco e non si
mosse più.
Ci siamo divisi i compiti con grande celerità, portando
ovunque aiuto, conforto e incoraggiamento. Binasco
doveva essere bombardato una seconda volta; era già
stato fissato il giorno e l'ora. Allora a Binasco c'era
il Conte Corsi del partito d'azione che faceva capo al
C.L.N. di Milano, e aveva ricevuto questa informazione:
si sarebbe ritornato a bombardare Binasco. Il Conte
Corsi mi pregò di avvisare subito la popolazione che si
cercasse una sistemazione un po' dappertutto, ma che
abbandonasse il paese, perché‚ ci sarebbe stato un nuovo
bombardamento.Naturalmente gli abbiamo chiesto
spiegazioni; il Conte si mise in contatto con il C.L.N.
e tornò da Milano alla sera tardi chiedendoci una
dichiarazione: le forze che erano qui (fascisti, Resega,
Muti) non avrebbero fatto più violenza, e noi su quello
che eventualmente sarebbe successo, avremmo preso tutta
la responsabilità.
Io non volevo esporre uomini che
avevano famiglia a un impegno così grave, però ho
firmato la dichiarazione e con me, in un atto di
generosità, hanno firmato anche Oliveri, Gatti, Negri.
Con questa dichiarazione possiamo dire di aver salvato
Binasco da un secondo bombardamento. Il Conte Corsi
aveva i suoi uffici a Milano in Corso Venezia e io sono
andato là personalmente a consegnare questa
dichiarazione in cui ci ritenevamo responsabili di
tutto, perché‚ Binasco fosse risparmiato.
Purtroppo un secondo bombardamento c'è stato la sera del
21 aprile, e non sapemmo spiegarci perché‚ sia avvenuto.
Era una domenica, le vittime trovate tra le maceria al
Caronero furono quattro. Mentre si tornava dal funerale
delle vittime, la sera del 24 aprile, abbiamo cominciato
a ricevere le prime notizie da Milano riguardanti la
Liberazione.
Qui chiudo dicendo che la resa dei
fascisti a Binasco, fu senza un minimo screzio, è
avvenuta a casa mia, presenti: Farina, Oliveri e Gatti,
Negri, Visigalli, Cattaneo, Lodi e tutti quelli che ho
trovato, abbiamo disarmato il tenente e gli abbiamo dato
l'assicurazione che io (egli aveva minacciato di far
saltare il castello con la dinamite) l'avrei condotto
personalmente fuori comune, in bicicletta, purchè
facesse quello che gli dicevo. Mi sono fatto consegnare
le chiavi del Castello e non ho permesso che fosse
arrestato in casa mia, poiché‚ era stato scelto un luogo
neutro per discutere la resa. A noi interessava che a
Binasco non si versasse del sangue. Purtroppo il tenente
ha sbagliato, non rispettando l'accordo fatto, e quando
sono andato per prenderlo, era già stato catturato e
portato via. Termino qui perché‚ per quello che è
successo il giorno dopo, io non mi rendo responsabile.
Sono stato ai fatti che posso anche sottoscrivere e
subito.
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